Valle son quattro case ingiallite dal tempo e dal muschio secco, ingrigite da una dura arenaria chiazzata qua e là da un po' di ocra, tutte murate a spacco di cava.
Affogata in un canalone che ribollisce di verde e che soffoca in mezzo al semideserto dei primi Appennini, si può guardare dall'alto dei calanchi circostanti, ma non te ne accorgi quando ci sei dentro. La chiesa sembra romanica da fuori, ma dentro delude un po', simil neo classico.
La nostra trattoria è ruspante e fa concorrenza ad un altro ristorante più di lusso, più in basso. Basta non c'è altro.
L'uscita di ieri è stata per me un'emozione, perché, per uno che vive a Verona e dintorni, l'aceto è solo vino andato a male. Invece qui ho scoperto che ha una sua grande cultura. Oddio, un'emozione da poco forse, se vista da un'angolatura modenese, accresciuta però da altri due elementi che magari parrebbero insignificanti ad un occhio esterno, ma che per me hanno calcato parecchio e non so se riuscirò a trasmetterle queste percezioni.
La prima è il senso di colpa di quando si forza per andare, perchè non c'è nessun motivo utile per restare, ma questo non viene recepito. Anzi viene condannato, anche solo con una parola in più. Rimango ermetico e non posso far di meglio, perché quando torno a casa mio figlio è in piena crisi pre esame maturità . Vederla da fuori si dice che è nulla, e passerà , ma mi ricordo io quanto son stato male.
La seconda è una particolarità strana: l'aver segnato un percorso che mi ha portato a tagliare la nostra pianura dalle Prealpi fino agli Appennini, da una montagna all'altra passando per la bassa sterminata.
A guardarla in su, la pianura, da sud a nord, cosa mai successa a me, impensabile, mi pareva di essere in un altro emisfero o sul passo descritto nel libro del Deserto dei Tartari.
L'interno della Valle sembra un rifugio di quelli un po' scadentielli: perlinato di legno rossiccio ovunque, soffitto molto basso e stanzette piccole, pochi coperti, cessi vecchi e un po' malandati. Il personale invece era molto cordiale e ci ha fatto accomodare, attaccandoci subito una ventola sopra il tavolo. Non oso pensare cosa succede qui quando il caldo si farà sentire veramente.
Siamo in nove: con me ci sono lo zio e la Brunella, Lucy e Roberto, Furzeina e Cioz, Alfi e boso.
La carta dei vini non è molto fornita, noto che c'è più di qualche bottiglia che viene dal Trentino, ma noi optiamo per un Lambrusco Grasparossa di Castelvetro (imbottigliato però a Bazzano in provincia di Bologna), un Terre Verdiane delle Cantine Ceci (di Torrile � Parma) e un Pignoletto Spumante Chardonnay della Cantina Cesari Umberto (di Castel S.Pietro � Bologna), successivamente raddoppiato, assieme a due minerali gasate e a due lisce, servite in caraffa di vetro.
Torre Maina di Maranello è tra Modena e Valle di Serramazzoni e il nostro Ildo, preavvertito per tempo dallo zio, è lì che ci aspetta in mezzo al verde dei suoi vigneti, anche se è domenica, col suo cagnetto vecchissimo. Nella mia beata ignoranza non sapevo che l'aceto balsamico è mosto bollito, poi lasciato ossidare a contatto dell'aria in botti aperte sopra. Nemmeno sapevo che viene travasato dalla botte grande alla botticella più piccola per tutti quegli anni, come nel gioco della matrioska. Il contatto con il legno delle diverse botti dà il sapore caratteristico e questo c'è da immaginarselo, perché succede così anche col vino. Fino ad un certo punto però, ci racconta l'esperto Ildo.
Dobbiamo uscire perché la boso ha un po' di mal di testa; dentro l'acetaia, con uno sterminio di botticelle tutte aperte, c'è una notevole acidità nell'aria, tanto che si stacca la tinteggiatura e parte di intonaco dalle pareti. Mi porto al nord quello che c'è da comperare. Il balsamico di 25 anni assomiglia al nocino, eccezionale. Una terra detta sempre i suoi sapori.
Su consiglio di Alfi, ottimo prenotatore (e suggeritore) della trattoria, saltiamo i primi e ci facciamo portare le tigelle montanare con i salumi: coppa, prosciutto crudo o culatello o simile (io non so distinguerli) e salamino di zona. Le crescente o crescenti, come vengono chiamate, non sapevo nemmeno che esistessero fino a ieri, e abito a 140 km. da lì. Sono dei panettini tondi, appiattiti, un paio di cm. di spessore e una decina di cm. di diametro, con dentro una mollica molto densa ed appiccicosa. La descrizione è ovviamente per i non modenesi, i quali invece, magari le daranno per scontate. Queste, mi vien detto, sono cucinate in mezzo a delle piastre tonde, non ho capito se di laterizio cotto o di pietra, preventivamente riscaldate nel fuoco, impilate, separate ed anzi accartocciate da foglie di castagno. Pensa un po' che stranezza. Buonissime, comunque, anche se la copiosa mollica dentro, appesantisce non poco (alla seconda tigella cominciavo a sentirmi intasato), e buonissimi anche i salumi.
Il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, da 11°, non era di Castelvetro e non era male, però è stato il meno apprezzato da me. Tendente ad un acidulo smorzato, non aveva grandi profumi e secondo me andava giù con poca personalità .
Il Pignoletto Spumante Brut Chardonnay di gradi ne faceva 11,5 e di colore era giallo paglierino chiaro, con un perlage fine e persistente in bocca, un po' salinato. Per me un po' fiacchetto rispetto ai Prosecchi cui son abituato. Ma comunque buono.
Il migliore è stato senz'altro il Lambrusco Terre Verdiane di Ceci, anche quello da 11°, con un gusto ricco ed un sapore fruttato, spumeggiante e brioso più degli altri, profumatissimo.
I vassoi si sono poi susseguiti a raffica. Coniglio alla cacciatora con un sughetto a base di peperoni. Squisito. Costine ai funghi, neanche assaggiate. Grigliata mista con bistecca di manzo, braciola di maiale e prosciutto: molto buona, la salsiccia non l'ho nemmeno vista, fumata da qualche affamatissimo commensale. Lardo battuto con aglio ed erbette, che mi è stato consigliato di mettere sulla crescentina assieme al grana, eccellente. E quindi pinzimonio di verdure fresche, che io ho particolarmente gradito: sedano, pomodorini, carote, finocchio e ravanelli. E ancora, più piattoni di verdure grigliate: melanzane e zucchini tagliati fini. Tutto squisito ed abbondante. Servizio celere e gentile, in un'ora e mezza eravamo arrivati al dolce.
Io ho mangiato un po' della panna cotta di Alfi e un po' della zuppa inglese della Lucy, perché quando arrivo in fondo non riesco quasi mai a far fronte ad un dolce intero. Non tutti abbiamo preso il dessert, mi ricordo comunque il megamascarpone di Cioz, bagnato con un ottimo nocino di cui non rammento la marca (la Lucy si è presa appunti scritti, integrerà opportunamente): a guardare la Cioz mi sono convinto ad ordinarne uno intero (di nocino) per me e un altro per Alfi e poi qualcun altro ha attinto ai bicchieroni di nocino che sembravano tazzine trasparenti da punch.
Caffè per cinque o sei e conto, onestissimo, da 20 euro a testa. Una trattoria alla buona, da poco forse, ma dove si mangia proprio bene, si spende un filo meno del giusto e a me è piaciuta molto.
Grazie a tutti per la bella compagnia, in particolare allo zio e ad Alfi che hanno organizzato.
Torno al nord, dopo una rilassante, fresca passeggiata nei boschi di Faeto e dopo aver inutilmente provato con lo zio a telefonare all'amico Frittella per andare a fare un salto nel suo locale, a conoscerlo e a salutarlo.
Manco a farlo apposta, la mia bimba mi aveva lasciato la sua chiavetta sull'autoradio con Anna Oxa e la sua emozione da poco... niente di chè, una canzone da poco forse, ma a me piace molto...
“... Invece per me, più che normale che un'emozione da poco mi faccia stare male, una parola detta piano basta già ed io non vedo più la realtà , non vedo più a che punto sta la netta differenza fra il più cieco amore e la più stupida pazienza...”
http://www.youtube.com/watch?v=6Cq0GWoP4Vc&feature=related
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Consigliatissimo!!
[pattyb]
28/06/2010