INTRODUZIONE
Questa recensione vi apparirà alquanto strana, ma ho pensato che inserire anche alcuni dati storici non avrebbe potuto nuocere alle menti dei lettori. Il motivo principale è che mi sono accorto che oramai siamo schiavi del Dio Cibo e ci stiamo dimenticando ciò che ci circonda. Gli elementi storico-architettonici non sono dei locali dove si va a mangiare, ma del contesto stradale dove è ubicato detto locale, in modo da far scoprire ai modenesi e ai Â?foresti' cose forse “mai viste”, o meglio, “mai volute vedere”. Ho notato che oramai si parla di una strada, che è una laterale di un'altra strada, dove c'è quella chiesa, di fronte a quel palazzo. Il luogo dove dobbiamo andare lo abbiamo chiaro nella mente, ma è il contesto e il contorno che non conosciamo. Per esempio, quanti modenesi sono andati a vedere la nostra Pinacoteca? E la Ghirlandina? Oramai conosciamo tutti i posti più incantevoli, facciamo viaggi interminabili per andare a casa di Dio per vedere chissà cosa, ma ci siamo scordati dei tesori che abbiamo a casa nostra, dietro l'angolo. Ã? per questo che probabilmente, d'ora in poi, cercherò di dare a tutti quelle informazioni spesso sconosciute sulla nostra città .
META DELLA NOSTRA CENA
La sera del 22/07/08 a seguito del post di gi “Salvate il soldato Sangerro - aperitivo e cena” dopo l'immancabile bevutella al Wine Bar Moreali, siamo rimasti in sette. Io, gi, sangerro e signora, magnassa e Priscilla, e la new entry Borto. Rapida consultazione, e previa telefonata di gi, ci rechiamo in centro storico, in Via Donzi, al ristorante “il Fantino”. Le notizie che sono sul loro sito ve le andate a leggere da soli…. E da qui mi è venuta questa idea di scrivere la storia della zona, mi sono chiesto chi era Donzi. Ho cercato dappertutto, ma non ho trovato niente, quindi dopo una telefonatina a mio padre, mi sono ritrovato fra le mani alcuni libricini che mi hanno letteralmente aperto gli occhi.
EDUCAZIONE STRADALE
Intanto Via Donzi, non è intitolata ad un personaggio insigne modenese, ma ad una Famiglia di Modena. Tratto da Â?Vie e Piazze di Modena' di Giovanni Botti dl 1938: “DONZI (Via) Da Via Emilia Â? III a destra Â? a Via Gherarda. Nome antichissimo: se ne ha memoria fino dal 1300 e proviene da una famiglia Donzi che ivi possedeva case. Negli Statuti delle Acque è detta .” Sulla Â?Nuova guida di Modena' del 1976 dice: “da Piazza Mazzini, V a sinistra di Via Emila, mette in Via Gherarda.”
Un po' poco effettivamente, infilando la via dal centro, quindi contromano, di fronte al portico del Collegio e dopo aver passato le vetrine del Ristorante, in alto sulla destra spicca una lapide (confessate… quanti di voi lo sapevano?) sulla quale a caratteri stampatelli in ferro battuto sta scritto:
“IN QUESTA CASA
ADDI' 1 LUGLIO 1827
MARIA REGINA PEDENA
GIOVANE QUINDICENNE
RESISTETTE ALLA BRUTALE AGGRESSIONE
DEL LIUTAIO ELEUTERIO MALAGOLI
E FU MARTIRE
ALL'EROICA VIRTU' DELLA CONCITTADINA
I MODENESI NEL 150° ANNIVERSARIO
RENDONO OMAGGIO”
Altri tempi, oggi non farebbe quasi nemmeno notizia. La giovane Maria Regina Pédena, detta la Santa Maria Goretti modenese e giovane martire della purezza, è seppellita nella chiesa di S.Cataldo, poi credo che, ma non l'ho capito, o è stata beatificata o è stata avanzata la richiesta di beatificazione. Fatto sta che a Modena Ovest si trova una strada intitolata a lei.
E qui via Donzi confluisce con via Gherarda. Sempre dal Botti, leggiamo:
“GHERARDA (via). Congiunge la via Modonella al corso Canal Grande. Il nome di questa via deriva da una famiglia Gherardi esistente in Modena; famiglia ora estinta. Lancillotto, cronista modenese, la nomina parlando di un Antonio Gerardi, conosciuto allora col soprannome Â?scartacino' e ciò forse per significare che egli o qualcuno della sua famiglia era rinomatissimo nell'arte della lana. Nel luogo ove ora sorge il Cinema Â?Teatro Â?Vittorio Emanuele' (quello che una volta era il Metropol), esisteva fino al 1912 la Chiesa di San Carlo Rotondo fatta costruire dal Duca Alfonso III nel 1627.”
STORIA E ARCHITETTURA
Mi è sembrato giusto a questo punto dare informazioni sulla storia della zona delimitata da via Donzi e da via Gherarda e anche vari cenni architettonici di quello che sorge in questi 200 metri.
Tratto da Â?MODENA - DESCRITTA - DA FRANCESCO SOSSAJ. SECONDA EDIZIONE 1841”
“ 48. CONTRADA DONZI.
Dall'Emilia finisce nella Contrada Gherarda, e mette direttamente alla porta laterale della Chiesa
di S. Vincenzo.
49. CONTRADA GHERARDA.
Si apre nella Contrada Modonella , e sbocca in Canal Grande a Lato della Chiesa suddetta. Al ci-
vico n.1060 è situata la porta d'ingresso alla Canonica del Parroco di S.Vincenzo.
Chiesa Parrocchiale dì S. Vincenzo Martire. Ã? uffiziata dal Parroco, e dalla Confraternita della B. V. della Cintura. La fabbrica di questa Chiesa fu intrapresa l'anno 1617 pe' Teatini. La volta è dipinta da Sebastiano Sansone di Scandiano; le figure, i bassi rilievi ed altri stucchi di cui è ornata, sono del Caula. La cupola è opera di Tommaso Costa Sassolese. Ultimamente fu ristaurata l'anno 1820, nella qual circostanza vennero aggiunti gli Altari 4 e 6, ed in seguito gli sporti alle tribune superiori nel presbiterio dell'Altare maggiore.”
Nella Guida di Modena di Chellini-Pancaldi del 1926 è stato aggiunto: “Essa non è altro che la riproduzione in piccolo di quella di S.Andrea della Valle in Roma del teatino Olivieri. L'esecuzione viene affidata prima a Paolo Reggiano, poscia al teatino Bernardo Castagnini da Modena. Alla grandiosa cupola ideata dal P. Guarino Guarini venne sostituito l'odierno catino. La chiesa, sebbene non ultimata dei lavori di decorazione, venne inaugurata circa l'anno 1660. I teatini la ressero dal 1614 al 1782. Ad essi successero gli Agostiniani che vi stettero fino al 1796. Rilevanti restauri vi furono fatti nel 1820 e nel 1910. Colpita da bombe nel 1944, ebbe distrutta l'abside e la cupola, restaurate dopo la guerra.
Facciata. Di buono stile, ornata di marmi e di statue. Venne compiuta nel 1761, su disegno del giovane architetto fiorentino Nicolò Gaspare Paletti. Le statue sul fastigio della porta simboleggiano la Fede e la Speranza. Sui pinnacoli stanno quelle di S.Vincenzo M. e di S.Gaetano da Tiene.
Interno. Ad una sola navata, a forma di croce latina, con abside semicircolare, cupola al centro della crociera e sei cappelle nella navata. Le volte sono tutte affrescate con storie della vita di S.Vincenzo e di S.Gaetano da Tiene e le pareti fastosamente decorate a stucchi. La parte architettonica ed ornamentale dei dipinti è opera del pittore Sebastiano Sansone di Scandiano, mentre la parte figurativa e gli stucchi sono del modenese Sigismondo Caula, sec. XVII.
Dipinti su tela ai lati della porta: S. Pietro e S. Paolo, op. del P. Caselli, sec. XVII.
Cappelle o Altari.
I° - (da destra) Altare a scagliola con ancora rappresentante S. Gaetano da Tiene fondatore dei chierici regolari, op. del P.Francesco Maria Caselli, cremonese, sec. XVII. S. Gaetano è genuflesso in atto di ricevere da un angelo la regola della sua istituzione, mentre un altro gli mostra un giglio; in alto il Redentore e la Vergine fra uno stuolo di angeli. Fu restaurata nel 1843 da Luigi Roncaglia. Nel soffitto S. Gaetano in gloria, affresco di Angelo Michele Colonna, sec. XVII. Dipinti laterali: a
destra il Beato Ippolito Galantini e S. Camillo de' Lellis, eseguito in Firenze dal pittore Bernardino Rossi, sec. XIX, proviene dalla chiesa di S. Carlino Rotondo, situata dietro la chiesa di S. Vincenzo, ridotta a cinematografo nel 1913; a sinistra, S. Raffaele Arcangelo, dello Zattera.
II° - Altare di marmo, di buono stile, con statua in stucco di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, 1875. I fiori e gli angioletti delle pareti furono dipinti da F. Manzini e da Fermo Forti, carpigiano, sec. XIX. Nel tabernacolo si conserva la S. Spina.
III° - Di marmo, con tela rappresentante la Sacra Famiglia e l'Eterno Padre con una gloria di angeli, dipinta da Pietro Francesco Lauri, allievo di Guido Reni, sec. XVII.
Pergamo: di scarso pregio artistico.
Crociera. Monumento sepolcrale (cenotafio), in marmo di Carrara, di Maria Beatrice di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele I, re di Sardegna, moglie di Francesco IV, morta il 15 settembre 1840. Questo pregevole lavoro venne eseguito nel 1850 dallo scultore Luigi Mainoni di Scandiano, su disegno del Malatesta, per commissione di Francesco V. Le piccole sculture simboleggiano la Fede, la Speranza e la Carità . La ringhiera è dei fratelli Cavani di Modena.
Dipinti laterali su tela: S. Luca e S. Giovanni Evangelisti, opere di P. Filippo Maria Galletti, fiorentino, sec. XVIII.
Altare Maggiore. E' dedicato a S. Vincenzo. Il magnifico e pregevole tabernacolo col sottostante altare è opera di Tommaso Loraghi, artista comasco. E' un sorprendente capolavoro scultoreo di finissimi marmi, ornato all'interno di quattordici graziose statuette, con ai lati le due superbe statue di marmo bianco, del Beato Amedeo di Savoia e di S. Contardo d'Este. Venne eseguito per legato di Isabella di Savoia, sposa di Alfonso III, morta nel 1626. Il lavoro, iniziato nel 1653, era terminato nel 1668. Costò seimila ducati. Isabella di Savoia fu la prima principessa estense ad esser sepolta in S. Vincenzo. Nel 1662 Alfonso IV incaricò il P. Guarino Guarini di preparare un disegno per le tombe ducali, sotto il presbiterio della chiesa, progetto effettuato solo nel 1672-73 dalla duchessa Laura Martinozzi, sposa di Alfonso IV, dopo che essa ebbe abbandonata l'idea di costituire sepolcreto della casa d'Este la chiesa di S. Agostino. Malgrado questo, le salme continuarono ad essere sepolte ai Cappuccini, Corpus Domini, e solamente nel sec. XIX furono qui riunite.
Dipinti del coro. Dei cinque quadri a fresco, rappresentanti varie storie della vita di S. Vincenzo, opera del P. Filippo Maria Galletti, fiorentino, 1663, restano solo i primi due: I. (a destra) S. Vincenzo in carcere visitato dagli angeli; II. Il santo sospeso ad una colonna per indurlo a sacrificare agli dei. Gli altri tre rappresentavano: il santo in atto di esalare l'ultimo respiro, assistito dagli angeli e da un numeroso stuolo di cristiani; S.Valerio vescovo di Saragozza, col suo diacono Vincenzo, dinanzi al prefetto Dociano, assiso sul trono, che condanna il vescovo all'esilio e S. Vincenzo allo strazio dell'eculeo (barbaro modo di supplizio, era uno strumento di legno, molto alto, raffigurante rozzamente un cavallo; su quello era fissata una punta acuminata. Il criminale era obbligato a sedersi su questa punta e quindi gli venivano attaccati ai piedi degli enormi pesi per aumentare la pressione del corpo su questo "embrione d'impalamento".); S. Vincenzo legato ad un tronco di albero in forma di croce e bersagliato nelle membra.
Monumento Sepolcrale (cenotafio), in marmo di Carrara, del duca Ercole III. E' opera del carrarese Giuseppe Pisani. Ercole III, ultimo della stirpe d'Este, morì a Treviso nel 1803 e fu traslato a Modena nel 1816. Sepolto prima nella cripta del Duomo, fu poi nel 1880 trasportato nella cappella mortuaria di questa chiesa. Il monumento eretto nel Duomo nel 1819 ed inaugurato nel 1820 per ordine della figlia, Maria Beatrice Ricciarda, venne qui collocato nel 1898. Le due belle statue simboleggiano la Fede e la Giustizia. Sulla piramide il medaglione con la testa di Ercole III.
Dipinto laterale su tela: S. Marco Evangelista, del P. Galletti, sec. XVII.
Monumento al Principe Ferdinando, figlio di Francesco IV, morto a 28 anni a Brunn in Moravia, di colera, nel 1849, preso nel visitare i soldati colerosi di quel luogo. E' una pregevolissima opera in marmo di Carrara dello scultore reggiano Paolo Aleotti. Proviene dall'ex chiesa della Cittadella, 1877, nella quale era stato fatto erigere da Francesco V nel 1850.
IV. Cappella. Altare di marmo dedicato alla Madonna della Cintura. La statua della Vergine è opera di Fermo Forti da Carpi e la tela sulla quale è stata praticata la nicchia, con S.Agostino e S.Monica, è opera di Luigi Roncaglia, sec. XIX.
V. Cappella. Grande Crocifisso a rilievo attribuito al Begarelli; in alto la testa del P. Eterno. Ai lati dell'Altare fanno da candelabri due angeli di bronzo del sec. XVII. Tele laterali: Gesù sulla Croce; Gesù coronato di spine, opere del pittore bolognese Brizzi (1574-1625). La cappella era di giuspatronato dei Rangoni.
VI. Altare di marmo con ancona di G. Francesco Barbieri, detto il Guercino da Cento, rapp. S. Gregorio. Il santo è in atto di leggere una carta che gli viene stesa da S. Giovanni Evangelista; in alto la Vergine seduta. Questo dipinto, ordinato da Alfonso III, fu poi pagato da Francesco I nel 1630. Costò 300 ducatoni. Paliotto: pregevole lavoro a scagliola del sec. XVII. Vi è riprodotto lo stesso soggetto del quadro. Dipinti laterali: a sinistra l'Immacolata Concezione con S. Geminiano e i santi compatroni, proveniente da S. Carlino, di G. Mundici, sec. XIX, e a destra, S. Giovanni Nepomuceno, sec. XIX.
Sagrestia. Tela: S. Andrea e B. Marinoni, attribuita al veronese G. Battista Marcola.
Corridoio che mette alla Cappella mortuaria. Monumento in marmo di Carrara a Ferdinando Arciduca d'Austria, fratello di Francesco IV, morto nel 1850. E' opera dello scultore Giovanni Cappelli modenese. I bassorilievi alludono alla sua ritirata da Ulma, inseguito dalle truppe del generale Murat, 1805. Cedutogli da un sottufficiale il proprio cavallo potè riparare incolume in Boemia. Eseguito per ordine di Francesco V per la chiesa della Cittadella, fu qui trasportato nel 1877.
Antichi affreschi distaccati del sec. XIV. Uno rappresenta Cristo Crocefisso con S. Giovanni, la Madonna e la Maddalena, l'altro, Cristo deposto dalla croce con gli Apostoli e le Marie. Furono distaccati dal portico dell'ex convento dei frati conventuali di S. Francesco nel 1826. Portati nella sagrestia della chiesa di S. Pier Martire vi stettero fino al 1880, epoca in cui passarono in questa. Essi dettero origine alla Confraternita del Crocefisso, detta anche dei Cristini.
Cappella Mortuaria Estense. Venne costruita per ordine di Francesco IV nel 1836, su disegno dell'ingegnere architetto Francesco Vandelli, con l'intendimento di raccogliervi le spoglie dei principi Estensi, sparse nelle varie chiese della città . Ma questa traslazione non avvenne che assai tardi. Il 14 maggio 1881, per cura dell'Arciduca Francesco d'Austria, erede di Francesco V, furono traslate otto salme dai Cappuccini, e nel 1902, per volontà dell'Arciduca Ottone, in due riprese, le undici che si trovavano nella chiesa del Corpus Domini. Il 9 maggio 1925, auspice la Deputazione di storia Patria, quella della Duchessa Laura Martinozzi, moglie di Alfonso IV, ritrovata da Leone Chellini, nei sotterranei dell'ex convento delle Salesiane.
La Cappella è di forma ottagonale e contiene diciannove colombari. Sull'altare sta la statua della Vergine Addolorata, plastica del modenese Luigi Righi, sec. XIX. Il bellissimo cancello in ferro battuto, lavorato a meandri con le figure simboliche della Fede e della Carità , è opera del modenese Carlo Guidetti.”
Dal Sossaj troviamo ancora: “Parrocchia di S. Vincenzo. Abolita già nel 1668, venne richiamata dal Sovrano Ercole III, il 15 Dicembre 1786. Dal 1806 al 1814, veniva considerata una sezione o sussidio della Cura Parrocchiale di S. Domenico; e nelle urgenze di Maggio ed Aprile 1814, il Parroco dovette trasferirsi nella Madonna del Popolo, per cedere provvisoriamente la sua Chiesa ad uso militare. Il Parroco porta il titolo di Priore.
Confraternita della B. V. della Cintura. La Compagnia della Cintura fu istituita nel 1584 dal Capitolo generale degli Agostiniani affiliata al loro Ordine. Questi di Modena formata l'avevano presso di essi, e dopo che furono soppressi, fu eretta l'attuale Confraternita il 5 Giugno 1797 addetta al Parroco di S. Vincenzo.
Unione di S. Nicola da Talentino. Ebbe principio in questa Chiesa l'anno 1796 e per diverse circostanze fu divisa nel 1823 trasportandosi in parte nella Parrocchiale del Carmìne da dove ripartì nel 31 Agosto 1836, tornando nella prima sua sede. L'Unione in adesso è numerosa e distingue il giorno del Santo Protettore con una conveniente funzione, preceduta da un divoto settenario.
Cappella mortuaria. Verso la Sagristia della Chiesa la pietà di S. A. R. nel 1836 affidò all'Ingegnere di Corte Prof. Vandelli la costruzione della medesima perché ivi fossero collocati i cadaveri dei Principi Estensi. Questo sacro recinto sebbene di piccola dimensione è lavorato con tutta eleganza, ed in oggi è reso oggetto di pubblica venerazione pel prezioso tesoro ch'esso possiede della salma della non mai bastantemente compianta nostra Sovrana Arciduchessa Maria Beatrice Vittoria mancata ai vivi nella Villa del Cattajo il 15 Settembre 1840, e qui trasportata nel 19 detto mese, come evincesi anche dalla lapide sepolcrale che racchiude la Tomba situata alla destra dell'Altare, parto della dotta penna del Prof. D. Celestino Cavedoni. Una lampada appesa nel mezzo della soffitta è sempre ardente davanti la bellissima Immagine della Vergine che tiene in grembo il morto Salvatore. Statue grandi al naturale eseguite in iscagliola da Luigi Righi. La Cappella è decorata del Privilegio Gregoriano ed è chiusa da semplice rastello per cui i fedeli possono vedendo il Tumulo pregare per l'anima dell'Augusta trapassata. Quanto prima saranno trasportate nel suddetto luogo anche le ceneri degli altri Estensi che riposano nelle Chiese di S. Vincenzo, S. Biagio, Padri Cappuccini, Monache Salesiane e Corpus Domini.”
IL RISTORANTE
Dopo questa maratona storico-architettonica, che non vi ha certo fatto male, ma che fa venire un po' fame… siamo finalmente al Fantino.
Il locale non è grande, anzi, a pensarci bene è piccolo, sono due ambienti non separati se non da una paretina accanto all'ingresso, con tavoli ben disposti da non intralciare assolutamente i movimenti dei titolari, Marco e Mauro. Pareti dipinte con colori freschi, pastello chiaro per dare più luce possibile all'ambiente perché situato in una viuzza del centro storico stretta e decisamente buia, alle pareti sono appesi moltissimi quadri con e senza cornice. Mi spiega Mauro, non so perché ma mi ricorda Buffon, che la maggior parte sono di sua madre e gli altri di amici. Nel complesso si tratta di nature morte. Noto con piacere che la madre ha una sensibilità particolare che spicca nei suoi quadretti, tale da farli sembrare veri e vivi. Nella parte destra di chi entra tutta la porzione di sala è occupata da tavoli, mentre la porzione sinistra vede la disposizione dei tavoli verso la vetrata, mentre nella parte interna è presente il bancone, dietro al quale sono presenti due porte, a sinistra quella del bagno (discreto, piccolo ma pulito) e sulla destra quella della cucina, perennemente aperta, che permette di controllare il fermento culinario
Nonostante sia un Martedì sera, il locale è quasi pieno. Ci accomodiamo nella porzione sinistra della sala in un tavolo preposto (opportunamente gi aveva dato uno squillo) parallelo al bancone e davanti alla vetrata. Il titolare si presenta puntuale a prendere le ordinazioni, quattro convenevoli, due chiacchiere, baci abbracci e si parte.
BERE
Prima il vino, è più semplice, Lambrusco Robusco Ca' Berti per tutti e per me (causa i miei soliti problemini con i vini un po' corposi) un Lambrusco Sorbara Paltrinieri. Del Robusco forse si è già parlato molto e bene in altre recensioni, lo assaggio tanto per dire Â?buono', anche se il sapore non mi convince del tutto, non saprei dire cosa ma con un solo assaggio non si può pretendere la luna, Quello che di più non mi convince è il Sorbara Paltrinieri. Temperatura fresca, non freddo, cosa che se perfetta da un punto di vista organolettico, purtroppo evidenzia tutti i difetti di questo vino. Ã? un lambrusco decisamente nella norma, chiaro non troppo, leggermente abboccato (molto leggermente), a me il vino piace secchissimo, un po' troppo pastoso, nel complesso mi ha ricordato i lambruschi dozzinali da supermercato, quelli che sembrano Â?fatti con le bustine'. Ma dov'è finito il buon vero Lambrusco di Sorbara? Oramai dopo il boom del Grasparossa, del Salamino, del Reggiano o del Mantovano… si beve solo vino scuro…. Ma il bel colorito rubino chiaro, quasi rosatello, del vero Sorbara sembra dimenticato, peccato, e dire che una volta (30 anni fa almeno) il Sorbara imperversava padrone incontrastato sulle tavole modenesi, vi ricordate le bottiglie originali della Cantina di Sorbara, con l'etichetta bianca con scritta nera e timbri e marchi in rosso? Che fine ha fatto? Una volta, quando dicevi lambrusco, voleva dire Sorbara, punto e basta. Oggi ci sono troppe case vinicole, si differenziano per delle quisquilie e dei veramente buoni vini si fa fatica a berli, tutti gli altri nella norma, vengono serviti freddi o freddissimi per mascherare i difetti. Quindi, nonostante il Paltrinieri, onore al merito ai gestori del Fantino per la scelta di proporre questo vino a temperatura giusta, in modo da non alterare pregi e difetti.
PRIMI
Dopo la disquisizione sulle bollicine rosse passiamo al sodo, il cibo. Tutti concordi per il loro tris di primi. Nell'ordine Tagliolini speck e funghi porcini, Tortellini della Bice alla noce moscata e Strigoli con guanciale e asparagi, tutto in abbondante quantità .
- Tagliolini speck e funghi porcini: perfetti, al dente, leggerissima presenza di panna, speck molto soffice, sicuramente di altissima qualità , non �ruvido' al palato come a volte si trova in giro. Affumicatura non invadente, delicata, funghi buoni, un po' carenti di sapore, si potevano scambiare tranquillamente per campagnoli, ma ad un assaggio approfondito, si capiva che erano porcini, forse non avrebbe stonato un sapore più intenso.
Spavirati senza pietà .
- Tortellini della Bice alla noce moscata: complimenti alla Bice, non sempre mangi dei buoni tortellini al ristorante, questi erano, in consistenza e in ripieno, come ve li sognate di notte dopo una settimana vissuta all'estero, dove dareste il vostro piede sinistro in cambio di un bel piatto di tortellini fumanti. Cotti anch'essi al dente (e in brodo), in modo da �sentire lo stricchetto', piccoli ma non piccolissimi, buon ripieno a metà tra Bolognese e Modenese, probabilmente mantecati con parmigiano e ricoperti da abbondantissima noce moscata, che conferisce a questo piatto nostrano un chè di esotico.
Il connubio con la noce moscata era eccezionale. � un po' di tempo che sento parlare in giro della pasta alla noce moscata, ora i ristoranti stanno finalmente riscoprendo questa spezia, usata parsimoniosamente fino �all'altro ieri' solo nel purè di patate, nei tortelli di zucca e in qualche altra preparazione. Il bello è che noi parliamo di noce moscata e forse non sappiamo neanche cos'è.
Vado per voi su wikipedia: “La noce moscata (da "noce di Masqat") è una spezia usata in cucina, originaria delle isole Molucche (Indonesia) ed oggi diffusa nelle zone intertropicali. Si tratta del seme di un albero sempreverde (Myristica fragrans) che può raggiungere l'altezza di 20 metri. La noce moscata è una mandorla essiccata di forma ovale arrotondata, avvolta di un rivestimento carnoso macis (anch'esso usato come spezia in cucina) e contenuta all'interno del frutto, ha sapore e odore particolari, dovuti alla presenza di un olio aromatico.”
Gli usi di questa spezia sono molteplici, oltre all'uso culinario, ve li copio perché assai interessanti.
“Farmaceutico: agli inizi del Settecento, per le sue caratteristiche di antisettico fu considerato come rimedio per oltre cento malattie.
Culinario: oggi questa spezia è molto usata in cucina come ingrediente di dolci, budini e creme, ma anche di purè e verdure lesse. Spesso, nella cucina italiana, viene aggiunta nei ripieni per tortellini, ravioli e cannelloni fatti a base di carne, formaggio o spinaci
Stupefacente: ingerita in dosi elevate (5 grammi), disciolta in acqua o sotto forma di tè, provoca una leggera alterazione dello stato di coscienza, con anche la probabilità che si presentino allucinazioni visive dovute a due composti fortemente attivi: l'acido miristico e l'elemicina. Le strutture chimiche dei due composti sono, analogamente alla mescalina, simili alla noradrenalina o alle amfetamine di sintesi, mentre gli effetti sono più vicini a quelli dell'LSD. Per questo nel Novecento fu soprannominata "stupefacente dei poveri".”
Piatto semplice ma dal sapore intenso, dolciastro e molto profumato. Qualcuno forse è rimasto perplesso, io ho trissato, ne sono rimasti pochi.
- Strigoli con guanciale e asparagi: credo abbiano detto strigoli, anche se assomigliavano moltissimo alle trofie, ma un po' più grandi, poco importa, comunque ci siamo capiti, quel tipo di pasta lì, buona e soda, è una pasta che non scuoce quindi mantiene una sua consistenza ed è gradevole sotto i denti sentire il suo caratteristico Â?duretto'. Il condimento era alquanto strano, abbiamo discusso parecchio io e Borto per capire cosa c'era oltre agli asparagi, eravamo indecisi su speck poco affumicato o culatello, poi qualcuno ci ha illuminati suggerendoci guanciale, non ci saremmo mai arrivati… sugo buonissimo e delicatissimo, gli asparagi conferivano una morbidezza eccellente. Credo siano stati spazzati via.
Unico appunto che debbo segnalare, come ho anche riferito durante la cena a Mauro, è stato l'ordine delle portate. Tagliolini, tortellini e strigoli, ordine secondo me sbagliato. La difficoltà incontrata da me e Borto sul guanciale era dovuta al nostro palato che era ancora aromatizzato e intorpidito dalla noce moscata. Appunto la noce moscata ha un sapore intensissimo, per cui il piatto successivo era quasi indecifrabile, per cui io suggerivo di mischiare questo ordine, tagliolini poi strigoli ed infine tortellini. Mauro ha convenuto con me ma si è giustificato dicendo che l'ordine è stato causato dai tempi di cottura delle varie paste. Salvato in corner, secondo me non è una risposta sufficiente, avrebbero dovuto farci aspettare qualche minuto in più, non avremmo brontolato, e portare i tortellini per ultimi.
SECONDI
I secondi sono facili, magnassa ha preso un capaccio di vitello con rucola e grana, per tutti gli altri tagliata con patate arrosto.
- Il carpaccio non l'ho sentito, ma mi hanno confermato che era buono, anzi ottimo, sottilissimo e freschissimo, un bel piattone, abbondante.
- La tagliata, ne hanno portate due o tre, credo, era alta almeno due centimetri, è arrivata già affettata (sennò che tagliata è se la portano intera? ), con fettine di due dita, cotta alla perfezione, cioè al sangue. Buonissima, ottima marinata ed ottimo condimento. Tenerissima, di prima scelta di sicuro. Le patate così così, non è colpa del cuoco/a, forse una qualità lofi, con il clima che abbiamo avuto non è difficile. Leggermente stoppose e un po' sunse e smoledeghe, poco salate e poco condite, sembravano riscaldate. Forse se fossero state molto più calde e molto più insaporite, non ce ne saremmo nemmeno accorti. La tagliata è finita quasi subito, le patate forse sono rimaste un po' sole… e abbandonate.
CONCLUSIONI
Fine pasto, io il solito deca con aspartame, buono, gli altri nemmeno ci ho fatto caso, tanto i dolci non li mangio, i liquori nemmeno, quindi perché sforzare la mia memoria a ricordare cose che non mi riguardano??? ho pensato bene di continuare la mie chiacchiere con Borto.
Una cosa comunque va detta, il servizio, nonostante sembri familiare, è impeccabile, i ragazzi sono strapresenti e ad un minimo cenno arrivano, veloci come fulmini, pronti ad accontentarti ed a scambiare qualche battuta con chiunque. L'ambiente è decisamente sano e vale la pena essere visitato anche più volte nell'arco di un anno, proprio grazie a questa aria conviviale che si respira dentro. Ambiente climatizzato, impostato a temperatura perfetta, sembra di essere nel salotto di casa propria, anche se mangi e bevi molto non diventi accaldato e non geli.
SGHEI
Abbiamo speso 28 eurini a cranio, li abbiamo spesi in tranquillità e scioltezza, anche se so che qualcuno storcerebbe il naso perché secondo lui la cifra è esagerata perché supera i 25 euro, o perché il conto potrebbe essere spannometrico e calcolando che quello ha mangiato un piatto in più o quell'altro ha preso tre fette di tagliata in meno si dovrebbe definire….. ma che cavolo dico.
28 euro a testa e ci stanno tutti. 28 euro ben spesi, da rispendere per assaggiare qualche altro piatto la prossima volta.
Sarebbe giusto dare 3 cappelli e mezzo, ma doveroso premiare l'intraprendenza e la bravura di Marco e Mauro, quindi 4 cappeli di buon auspicio per il futuro.
Consigliatissimo!!
[g.falconline]
01/08/2008
Incredibile GROG!!!!!
Inimmaginabile GROG
Calma, calma, cosa avete capito! Mi riferisco alla recensione e non al suo aspetto fisico!!!