Diciamo subito che il "progetto" grano di pepe è piuttosto coraggioso.
Prima di tutto Ravarino non è propriamente il luogo ideale per un locale del genere.
Poi c'è il menù, molto particolare, chiaramente rivolto ad una clientela già abituata alla cucina di questo tipo.
Per ultimo c'è il livello dei prezzi che seleziona ulteriormente la clientela e rappresenta indubbiamente un ostacolo.
Siamo in due, serata “romantica”. Il locale è molto piccolo, pochi tavoli in un'unica saletta ben illuminata. L'ambiente, rinnovato di recente, appare curato e l'arredamento moderno e minimalista gioca su colori tenui fra il grigio e il legno chiaro.
Non c'è tovaglia e le posate vengono appoggiate su un ciottolo di fiume a lato del piatto.
L'atmosfera risulta moderna abbastanza elegante, ma non fredda. Freddina era invece la temperatura, che ha costretto mia moglie a non scoprirsi le spalle, come l'abito che indossava avrebbe preteso. Soprattutto ad inizio serata, un paio di gradi in più avrebbero fatto piacere anche a me che le spalle le avevo ben coperte da camicia e maglione.
Il personale di sala, un po' impacciato all'inizio, si è immediatamente sciolto mettendoci a nostro agio con la sua cortesia.
Il menù è piuttosto ridotto, tutto a base di pesce, con piatti della cucina siciliana coraggiosamente rivisitati dallo chef Rino Duca.
Aprendo la carta ignoriamo totalmente il lato sinistro del menù che presenta i piatti "a la carte", mentre ci concentriamo sui menù degustazione elencati sul lato destro.
La scelta è fra 3 menù in ordine crescente di prezzo:
- Menù “cinque"
- Menù "sette"
- Menù "dieci"
Con molta semplicità i nomi indicano il numero di portate, a totale discrezione dello chef, che compongono il menù.
Confesso che in questi casi io apprezzo molto il fatto che sia lo chef a scegliere per me. Del resto mi piace praticamente tutto, non ho né allergie né intolleranze e queste occasioni sono una scusa per lasciarsi coccolare dal susseguirsi delle portate. In ogni caso una didascalia a fondo pagina inviata a mettere al corrente il personale di sala in caso di esigenze particolari e lo chef comporrà il menù di conseguenza.
Valutando il prezzo e la fame scegliamo il menù "sette" al quale ci viene posta la domanda: " ostriche si o no?". Rispondiamo "Si".
Iniziamo:
- Pre-antipasto (non compreso nelle 7 portate): pane e panelle. Un mini panino al sesamo ripieno di panelle, ovvero frittelle di ceci della tradizione Siciliana. Buono e croccantissimo, anche se non avendo mai assaggiato il piatto tradizionale, non posso fare paragoni.
- Primo antipasto: porzione di 2 ostriche con acqua di parmigiano, mela verde e rapa rossa. Un vero e proprio tuffo in mare. Gradito l'accostamento con la mela verde. Niente paura per l’acqua di parmigiano!
- Secondo antipasto: Cartoccio di frutti di mare. È il piatto più bello della serata, composto da un cono fatto di carta (di riso) di giornale con stampato un articolo (che non ricordo) che appartiene alla storia di Sicilia. All'interno del cartoccio c'è un misto di frutti di mare cotti al forno. La carta è commestibile, anzi buona e la stampa è effettuata con nero di seppia. Visivamente è strepitoso, come sapore buono, ma nulla di indimenticabile visto che, in fin dei conti, stiamo parlando di frutti di mare al forno.
- Terzo antipasto: Baccalà alla Mirò. Il piatto si ispira alle opere del famoso artista. Presentazione essenziale, piatto bianco grande, nel quale, ben separati sono posizionati un trancio di baccala, una crema di peperoni e un minuscolo punto di crema di zucca. Il piatto è molto delicato ed equilibrato. Il baccalà, per nulla salato, si sposava alla perfezione con la crema di peperoni. Buono.
- Primo piatto: spaghetti al nero di seppia. Spaghettoni nerissimi con ragù di pesce piuttosto piccante. Buoni e veramente golosi. Peccato per la porzione decisamente troppo troppo piccola.
- Secondo piatto: tonno al ricordo di Palermo. si presenta come una tagliata di tonno fresco quasi crudo che prosegue la cottura sul piatto caldissimo, con un goccio d' olio ed un eccezionale sale aromatizzato ai Capperi. Il piatto migliore della serata. Porzione in questo caso giusta.
- Pre-dessert: un bicchierino di un sorbetto all' arancia, all'olio d'oliva e aromi. Piatto strano, devo dire deludente, non perché fosse sgradevole, ma perché faceva parte dei "sette" piatti del menù. A mio parere una cosa del genere dovrebbe essere servita fuori menù come intermezzo.
- Dessert: Cannolo siciliano e sorbetto al mandarino con polvere di capperi. Il cannolo era ripieno di ricotta molto leggera, quasi montata, con pezzetti di cioccolato fondente. A lato un bicchierino conteneva il sorbetto di mandarino con una polvere di cappero che dava un leggerissimo e gradevole aroma. Buono.
Non prendiamo il caffè, ma ci viene comunque offerta selezione di cioccolatini che è stata gradita.
Al posto del pane sono stati serviti dei bocconcini di focaccia di 3 tipi differenti.
Durante la cena abbiamo bevuto 2 bottiglie di vino (!), visto che le 7 portate ci hanno tenuto a tavola 2 ore e mezza con tempi comunque non troppo lunghi.
Nonostante la carta fosse abbastanza ampia, mi sono affidato ai consigli del menù che, per quel giorno, consigliava 2 vini specifici:
- un pignoletto "sui lieviti" biologico rifermentato in bottiglia (17 Euro).
- uno chardonnay di Sicilia (15 euro).
Il primo è risultato veramente difficile, a causa della "rusticità" data dai lieviti veramente invadenti, ma dopo un paio di sorsi si è fatto apprezzare. In ogni caso, riconsidererei il fatto di consigliarlo come vino del giorno, visto che, credetemi, potrebbe non piacere.
Il secondo era terminato ed è stato sostituito con un "Cataratto" della stessa cantina che con la sua complessità di profumi ben si è accompagnato con la seconda parte della cena.
Purtroppo non ricordo nè i nomi dei vini nè quelli delle cantine...
Il conto: 152 euro in tutto: 58 ogni menù degustazione, il resto per le due bottiglie di vino e altrettante d'acqua.
Tenete conto che la cena mi è stata offerta, quindi ho solo sbirciato il conto e potrei avere commesso qualche piccola imprecisione nel riportare i prezzi.
E' stata una bella serata in cui ho mangiato bene in un'atmosfera gradevole e rilassata.
Cosa si potrebbe migliorare?
- La concretezza di alcuni piatti. Il bicchierino ed il cartoccio sono un'idea simpatica, ma forse mancano un po' di sostanza. Come ho già sottolineato in altre recensioni, a mio parere, non bisogna mai perdere di vista una certa "concretezza" nei piatti, cosa che si tende spesso a tralasciare quando la cucina si alza di livello.
- Locale piccolino. Le dimensioni della sala costringono a sopportare (e perdonare) qualche disagio, come i tavoli piccolini e un commensale aggiunto ad un tavolo vicino che era stato collocato un po' troppo a ridosso del nostro e che mi ha provocato qualche urto alla sedia quando il personale passava fra i tavoli.
- Mancanza della tovaglia. Io sono un tradizionalista, mi piace il contatto con la stoffa e la mancanza di tovaglia è una cosa che non ho perdonato nemmeno a Bottura!
- Le porzioni. Sono uscito soddisfatto, ma in alcuni casi le porzioni erano un po' piccoline.
- I prezzi: di certo non economici, ma in parte giustificati della complessità dei menù.
Cosa mi è piaciuto?
- Il talento dello Chef che traspare in ogni piatto. Un senso estetico superlativo che con il tempo incontrerà sempre di più la sostanza.
- Le materie prime di grande qualità.
- L’intensità dei sapori di alcuni piatti come il tonno e gli spaghetti che meritano sicuramente il viaggio.
I cappelli sono 3, il locale è consigliato e sono sicuro che col passare del tempo raggiungerà livelli ancora più alti.
Consigliato!
su questo luke ha ragione : sacerno per es è fuori bologna, il pescatore è a canneto sull olio, cioè in piena pianura padana, la crepa ad isola dovarese in mezzo al nulla e via andare. forse però ,più che la logistica , problema per me inesistente, voleva sottolineare, l ubicazione del posto, in un palazzaccio nel centro di ravarino e gli arredi , fino a poco fa, veramente fin troppo semplici.
[mongi]
02/03/2015