Una casa, anonima, in golena a bordo secchia, connessa al resto del mondo da uno stradello al limite del codice della strada, in cui incrociare un altro veicolo diventa un problema.
Si parcheggia nei pochi slarghi disponibili, con la certezza di scendere e mettere un piede nel fango.
L’invadente viadotto dell’alta velocità rovina definitivamente un paesaggio già compromesso dal poco rispetto che nel corso degli anni abbiamo dimostrato per il Secchia.
L’unica consolazione è il vicino ponte ciclabile della Barchetta, un raro sforzo concreto per valorizzare quel tesoro rappresentato dal fiume, dagli argini e dalla striscia di natura che taglia la pianura fino al Po.
Non c’è nessuna insegna, ma solo una piccola targa vicino alla porta e sopra, ben in vista, due remi incrociati.
Stasera è Venerdì e le decine di auto parcheggiate intorno al locale riescono a fare apparire come “mondano” questo nebbioso angolo di Campogalliano.
Il tavolo è prenotato per noi tre, i fedeli compagni di serate che sempre più di frequente iniziano e terminano con le gambe sotto un tavolo. Il locale è pieno, la sala al piano di sopra è occupata da una tavolata di una trentina di persone e si fa strada in noi la paura di perderci un po’ di quella tranquillità che siamo venuti a cercare fino qui.
Due di noi hanno voglia di tradizione, io di qualcosa di nuovo e il menù è quello giusto per accontentare tutti.
Ai grandi classici della cucina casalinga sono affiancati alcuni sprazzi di fantasia, con materie prime non necessariamente locali.
Mentre leggiamo il menù ci viene servito un piatto con gnocchini fritti, lardo di colonnata, qualche fetta di salame e un calice di spumante.
Iniziamo con gli antipasti:
- 2 lumache alla Bourguignonne
- 1 sformatino di zucchine con salsa al parmigiano
- 2 tortellini in brodo
- 1 risotto pere e parmigiano con riduzione di lambrusco
Secondi:
- 3 cotolette di braciola di maiale
- 1 porzione di 3 costolette di agnello in crosta di parmigiano (da dividere)
- 1 vassoio di patate al forno
- 1 zuppe inglese
- 1 torta tenerina al cioccolato con crema inglese
Terminiamo con 2 grappe con le quali vengono offerti 3 assaggi di panna Cotta al Vov.
vino: 2 bottiglie di lambrusco di sorbara “Il Serraglio”.
Nel dettaglio:
Lumache ottime. Sapore di terra totalmente assente (e non è facile). Forse alcune erano un po’ piccoline.
Tortellini: sono serviti in piccole zuppiere individuali. Li ho assaggiati rubando dai piatti dei commensali. Buoni, l’impressione è stata che il ripieno sia “tutto crudo”, probabilmente con carne di vitello. Poco modestamente io preferisco i miei, fatti secondo la ricetta tradizionale di Castelfranco ( prosciutto crudo, Mortadella, lombo di maiale cotto, parmigiano, uovo noce moscata).
Risotto: molto semplice ed altrettanto gradito. Le pere non sono invadenti, la riduzione di Lambrusco si sposa benissimo con gli altri sapori. Non mancherò di copiarlo.
Cotolette: versione emiliana della classica Milanese con osso. La braciola di maiale è fritta benissimo. Non unta, croccante fuori e morbida all’interno. Forse avrei gradito fosse più sottile la parte lontana dall’osso (magari battendola), ma io sono un criticone.
Costolette di agnello: un piatto di alta cucina. Le costolette sono perfette, ben pulite, senza cuticole, cotte al forno con una crosta di parmigiano e spezie. Un concentrato di sapori netti e definiti, in cui si sente intenso l’agnello ben contrastato dalla sapidità della crosta. Non mi aspettavo un piatto così.
Patate: buone, buone, buone.
zuppa inglese: l’ho solo assaggiata e mi ha ricordato quella che faceva mia zia Luciana la vigilia di Natale. Alcolica, densa, con il cioccolato che sa veramente di cioccolato (e non è banale).
panna cotta offerta: bella l’idea del matrimonio con il Vov (perché non ci ho pensato prima?).
Lambrusco: una bella sorpresa. Abbiamo chiesto espressamente un Lambrusco fermentato in autoclave affidandoci alla passione di Giovanni il proprietario. Ci è stato consigliato il Sorbara de “Il Serraglio”: una piccola produzione di 5000 bottiglie numerate una ad una.
Chiarissimo, più chiaro di un rosato. Acido anzi, come si dice a Modena: “brusco”, tanto da farmi pensare a quando, da piccolo, mio padre mi concedeva un dito di vino con spremuto uno spicchio di limone. Comunque profumato con le tipiche caratteristiche che si pretendono da un Sorbara, in perfetto abbinamento con le portate ordinate.
Non potrei essere più soddisfatto. Alcuni sapori mi hanno scavato nella memoria, altri mi hanno stupito. Siamo stati serviti da Giovanni il titolare e dalla giovane e sorridente cameriera.
Servizio informale, disponibile al dialogo e alle spiegazioni con tempi di attesa minimi nonostante il locale fosse pieno.
Prezzo: 45 euro a testa. Cifra che ormai è diventato il prezzo fisso di tutte le mie ultime uscite, in posti diversi, mangiando cose diverse, ma qui assolutamente meritati senza “se” e senza “ma”.
5 cappelli, e nessun dubbio.
Imperdibile!!!
[nickmanofredda]
01/12/2014