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Via Saragozza 91, Bologna, BO
Valutazione:
Poteva andare meglio..
Prezzo a persona:
55.00 €
Servizio utilizzato:
ristorante
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Kava5150

ha visitato il locale il 28/12/2011 Kava5150 avatar
279 Recensioni scritte dal 03/08/2007 2607 Punti


Questo è uno di quei pranzi dai quali si torna con l’amaro in bocca, soprattutto perchè sei convinto di esser stato preso per il naso. Il problema però è che non sai ancora quanto.

Ma andiamo per ordine.
Siamo io ed il buon Angelo, entrambi in pausa lavorativa; quale occasione migliore per vedersi e scambiarsi gli auguri prima della fine dell’anno.
Dopo una consultazione in macchina e alcuni locali bocciati, la scelta ricade più per caso che per altro su questo piccolo locale, a pochi passi da Porta Saragozza.
Per chi è di Bologna, questo posto è indelebile nei ricordi come la storica Osteria Saragozza, famosa fino a metà degli anni ’90 per proporre una buona cucina bolognese. Poi, negli anni a venire, cambiò diverse gestioni, non ultima anche una rosticceria cinese, fino ad arrivare, qualche anno fa, a questa trattoria di pesce (la cui gestione attuale imparo non avere più di un anno).
Fatto sta che, deciso il da farsi, in pochi minuti arriviamo in loco dove, con il mio proverbiale lato B, troviamo parcheggio in una striscia blu esattamente davanti all’ingresso del locale.

Da fuori si presenta abbastanza anonimo: una sola vetrata satinata, in una struttura di legno scuro, con una porta laterale sulla quale campeggia il nome del locale. A fianco, una piccola bacheca dove è presente il menù, esclusivamente di pesce, e qui c’è la prima cosa che mi fa pensare: una scritta che recita “vista la crisi noi ribassiamo i prezzi” dovrebbe giustificare il perchè delle righe tirate sopra ai prezzi delle singole pietanze e dei nuovi costi, riportati a mano e ritoccati in ribasso di un paio di euro ciascuno. Non lo so, non mi convince..mi sembra un modo poco simpatico, ma soprattutto poco chiaro, per procacciarsi nuovi clienti, anche perchè i prezzi cancellati mi sembrano effettivamente troppo alti.
In più, è presente una lavagna che recita “Pranzo: 10 euro”.

La piccola saletta all’entrata, con in fondo il bancone bar, avrà sì e no dieci/dodici coperti. Abbastanza accogliente, pareti gialle, tavoli e sedie in legno scuro.
Una ragazza ci da il benvenuto mentre capiamo di essere arrivati nell’esatto momento in cui lei, il titolare ed i due figli piccoli si stanno per mettere a tavola (da sottolineare che sono le 13.30). Ci viene spontaneo chiedere se facciamo ancora in tempo a mangiare qualcosa, visto il clima e che siamo gli unici avventori. A risposta affermativa, il titolare ci fa accomodare in un tavolino vicino alla vetrata, nel quale noto subito una tristissima tovaglia di carta gialla.
A voce, l’offerta parte con le pietanze disponibili nel menù da 10 euro.
“Sarebbe possibile mangiare alla carta?”
“Ah, volete il pesce? Allora vi faccio accomodare nell’altra saletta”.
Mah, la situazione è sempre più confusa, ma tant’è.
Un piccolo e stretto corridoio ci accompagna in un’altra piccola sala, con altrettanti coperti, questa volta più pregevoli: tovaglia e tovaglioli di stoffa, calici e posateria da pesce.
Due ragazzi sono già a tavola.
Altra cosa decisamente fastidiosa: il freddo è al limite del sopportabile, detto poi da due a cui il freddo piace è tutto dire.
Il tavolo dei ragazzi è davanti ad uno split di una pompa di calore, che soffia con generosità, ma dalla nostra parte l’effetto è opposto: sembra di essere nel bel mezzo di uno spiffero gelato. In più, una piccola stufetta portatile a fianco del nostro tavolo è spenta e chiediamo di poterla accendere.
L’inizio non è dei migliori, speriamo che con le pietanze vada meglio.

Ci vengono consegnati i menù, tal quali a quelli della bacheca esterna, con tanto di prezzi barrati e la carta dei vini.
Le pagine del menù sono due: una discreta scelta di antipasti, 5/6 primi piatti, i secondi che possono essere catalane, fritture, pesci e crostacei cotti al forno, alla griglia, all’acqua pazza o in crosta di sale.
La carta dei vini è scarna e mal fatta. C’è solo la tipologia di vino e il prezzo. Non c’è la cantina, se non negli unici due champagne presenti, e questo è un grosso limite. Capisco che c’è Livio Felluga giusto perchè vedo lo Sharjs, ma il resto è quantomai anonimo e in questo modo non si possono capire nè i ricarichi nè la qualità dei vini. Ordiniamo dell’acqua gasata ed una Falanghina da 18 euro, che all’arrivo al tavolo so di aver già visto, ma non ricordo dove. Si rivelerà abbastanza anonima, di scarsa sapidità e profumo e con un finale incredibilmente corto.

Dal menù, invece, scegliamo dei paccheri di Gragnano con l’astice (piatto minimo per due, da 30 euro); come secondo, ci informiamo sui pesci, e ci viene detto che hanno un branzino fresco (costo, in carta, di 5 euro l’etto), che scegliamo fatto all’acqua pazza. Come contorno, verdure grigliate.

I paccheri arrivano in due piatti ovali, nell’olio misto a un po’ di acqua di cottura, con alcuni pomodorini e mezzo astice a testa. Sono cotti al dente, ma l’olio è giustamente ustionante e l’aglio si sente eccessivamente. La stopposità dell’astice lascia intendere che non si tratta di un prodotto fresco. Non è cattivo, chiariamoci, è semplicemente un astice congelato, ma in un menù di un ristorante di pesce dovrebbe essere quanto meno ben specificato.

E’ il momento del branzino, cotto nell’acqua e pomodorini.
L’odore ed il sapore dei pomodorini hanno un che di bruciato/affumicato, tipico di quando si fa cuocere eccessivamente l’aglio.
Il pesce invece risulta buono, dalla polpa chiara e morbida, facilissimo da spelare, a conferma della sua freschezza.
Ne vengono fuori due porzioni oneste.

Altro errore, le verdure. Finiamo il pesce ed ancora non sono state portate al tavolo. Addirittura non sono state ancora messe sulla griglia, motivo per il quale decidiamo di non prenderle più.

Le quantità finora non sono state abbondanti, tant’è che entrambi abbiamo ancora fame. Ma per quanto mi riguarda ho già dato. In più il freddo si è ora trasformato in caldo eccessivo, per colpa della stufa che abbiamo a fianco e che ora è ustionante.
Angelo si concede un cannolo siciliano, abbastanza buono, dice.
Finiamo con due caffè, davvero mediocri, ed un Chivas 12 anni sempre per Angelo.

Al momento del conto, in piedi all’uscita, di 113 euro scontati a 110, scopriamo che il branzino è conteggiato 45 euro, quindi 900gr. Non sono una bilancia, ci mancherebbe, ma non è certo la prima volta che mangio un branzino, tutt’altro, e viste le dimensioni del pesce in questione nutro seri dubbi sul fatto che fosse stato più di 500/600 grammi. Ma sono ospite e capisco dal cenno di Angelo che possiamo pagare e mettere una croce sopra, senza stare a sindacare più di tanto.
Ragionando ancora sul discorso peso: sono dell’idea che quando si propone un pesce che si paga a peso, sia buona e seria abitudine specificarne prima anche la pezzatura, onde evitare queste incomprensioni e questi dubbi.
Dubbi che ci siamo portati fino a casa e che ci hanno rinnovato la domanda a inizio recensione.
Dubbi che ora più che mai si fanno pesanti, dal momento che ho ricordato dove avevo già visto quella Falanghina: da Carrefour, a 3,59 euro non in offerta. Il che mi conferma, almeno per quanto riguarda i vini, ricarichi al limite del buon senso.

Poteva decisamente andare meglio...

Poteva andare meglio..